Crateri, vulcani e lune
Le riprese dei Mariner e dei Viking permettono di osservare oggi il risultato dei numerosi processi che hanno interessato e interessano la superficie di Marte e dai quali dipendono le caratteristiche morfologiche superficiali più evidenti: la craterizzazione dovuta al bombardamento meteoritico, l'attività vulcanica, i movimenti della crosta, l'erosione degli strati più superficiali in conseguenza del gelo e disgelo, del soffiare dei venti, e, forse, dello scorrimento delle acque in tempi remoti.
Marte e la Luna hanno molti elementi in comune, e infatti parecchi ed estesi bacini grosso modo circolari e circondati da ampi altopiani sono stati riconosciuti anche su Marte. Analogamente ai bacini lunari, anche quelli marziani sono stati originati da impatti meteoritici risalenti alla prima fase della storia del Sistema Solare.
La superficie craterizzata costituisce più del 40% della regione equatoriale ed é predominante nell'emisfero meridionale, dove compaiono alcune decine di migliaia di crateri aventi un diametro superiore al chilometro.
Questi crateri di origine meteoritica mostrano età variabili che possono essere accertate sulla base di una maggiore o minore freschezza di alcuni elementi morfologici, quali gli orli craterici e le coltri di eiezione. La maggior parte dei crateri appare modificata dall'erosione e dal trasporto di sedimenti per azione del vento, similmente a quanto accade sulla Terra in ambiente desertico.
L'esame dei crateri marziani condotto sino a oggi lascia credere che la maggior parte dei crateri aventi una forma circolare siano dovuti a impatto, mentre quelli di forma più irregolare sarebbero dovuti ad attività vulcanica.
L'attività vulcanica ha dato origine sia a estese colate, che appaiono come materiale basaltico più scuro all'interno degli estesi bacini di Marte, sia a edifici vulcanici anche giganteschi. Questi ultimi sono del tipo cosiddetto <<a scudo>> e si sono formati per eruzioni successive di lava a bassa viscosità.
Le strutture vulcaniche principali si trovano nell'emisfero settentrionale poco craterizzato e sono riferibili ad apparati vulcanici relativamente giovani: tracce di vulcani più antichi sono riconoscibili, anche se in numero estremamente ridotto, nell'emisfero meridionale.
Gli edifici vulcanici più cospicui si trovano in regioni elevate come quella di Tharsis, dove tre vulcani a scudo, i Monti di Tharsis, si elevano al di sopra di un'ampia catena alta dai 3 ai 5 km dal livello medio della superficie.
Un quarto vulcano a scudo, il Monte Olympus i(la Nix Olympica di un tempo), si trova nel margine occidentale di questa catena. Il Monte Olympus non è solo il più grande vulcano a scudo di Marte, ma anche dell'intero Sistema Solare. Lo studio delle sue dimensioni indica un'altezza di 29 km rispetto alle pianure intorno e un diametro di circa 500km. I monti di Tharsis, Ascraeus, Pavonis e Arsia, hanno a loro volta un diametro di circa 400 km e, sebbene meno alti di Olympufffff fungono all'incirca la medesima altezza sul livello medio di Marte in quanto partono da un livello di base più elevato. Per confronto, il più grande vulcano della Terra, il Maona Loa delle Hawaii, ha un'ampiezza di 200 km ed è alto circa 9 km.
Nella regione di Tharsis, oltre ai vulcani a scudo visti in precedenza, vi sono parecchie strutture a duomo, dal diametro di circa 150 km, caratterizzate da una caldera centrale posta in posizione sommitale. Riguardo il fenomeno della craterizzazione una nota a parte meritano le due piccole lune di Marte: Phobos e Deimos. Quando furono scoperte, nel 1877, apparivano ai telescopi come minuscoli punti luminosi in orbita intorno al pianeta. Finché non sono state fotografate dal Mariner 9 non si sapeva nulla sulle caratteristiche della loro superficie. Ciascuna luna ha una forma allungata e irregolare e le dimensioni sono per Deimos 13,5 + 2 km per 12 + O,5 km e per Phobos 25 + 5 km per 21 + 1 km. Entrambe le lune appaiono interessate da numerosissimi crateri di probabile origine meteoritica.
La densità di crateri fa ritenere molto antiche queste lune, forse dello stesso ordine di grandezza della prima superficie craterizzata di Marte, ipotizzando che a quel tempo esse esistessero già come satelliti di questo pianeta. La composizione di Deimos e Phobos appare simile a quella delle meteoriti provenienti dalla cintura degli asteroidi e vi è la possibilità che queste piccole lune siano degli asteroidi catturati in orbita marziana.
Sulla base di queste prime osservazioni, Marte può essere considerato come un pianeta che sia stato soggetto ad una parziale transizione da un corpo planetario di tipo lunare la cui superficie sia stata modellata all'incirca 4 miliardi di anni fa dalla caduta di meteoriti, ad un corpo planetario alquanto simile alla Terra, interessato da una diffusa e intensa attività vulcanica e ricoperto prevalentemente da acque. In questo quadro si può ben scorgere come un'estesa attività tettonica abbia modificato l'aspetto di molte regioni della superficie di Marte.
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